Riflessioni sull’eutanasia

6-7-2015 Cinzia-Mi sono ritrovata più volte nella sala d’aspetto della mia clinica veterinaria a scambiare idee e pareri con altri clienti sul tema dell’eutanasia praticata sugli animali, e mi stupivo come alcuni soggetti parlassero dell’atto come la soluzione ad un problema; per me che ho avuto diversi verdetti “definitivi” riguardo alcuni miei furetti deceduti, la parola soppressione non l’ho mai presa minimamente in considerazione, anzi la mia mente la rifiuta se non in una situazione talmente grave e di forte sofferenza da non lasciare spazio se non a quella decisione; diversamente ho assistito a reazioni per nulla scomposte e profondamente convinte che l’eutanasia sia invece la soluzione, “così non soffrono”, e soprattutto ci si toglie il problema. Ricordo un giovane che mi raccontava la scelta di far eutanizzare il suo cane, malato gravemente, e notavo quanto fosse impassibile circa questa azione: non un emozione, nemmeno un groppo alla gola, sostenendo che “dovrebbe essere così anche per le persone”.

Personalmente è una scelta questa che mi fa rabbrividire, e comunque l’idea di far togliere la vita al proprio animale anche con una diagnosi infausta è inaccettabile, in quanto ci si aggrappa alla speranza che non sia così, e soprattutto apprenderlo quando l’animale sta ancora bene è terribile, ed infatti il percorso va fatto insieme al veterinario il quale saprà giudicare il momento giusto ed essere di sostegno ai proprietari quando arriva il momento.

Considerata la difficoltà ad elaborare una decisione così irreversibile, ecco che la scelta di ricorrere all’eutanasia arriva anche per gli esseri umani richiedendo il suicidio assistito: in alcuni stati come la Svizzera, se si è affetti da malattia incurabile diagnosticata e senza possibilità di guarigione, c’è la possibilità di programmare la propria morte indolore e assistita da personale medico specializzato; ovviamente non è così semplice, il caso viene preso in considerazione da un’equipe medica che giudica se la persona non sia influenzata da terzi, sia quindi capace di intendere e volere con la presenza di testimoni, non si riduce l’atto della morte come ad un prodotto acquistato ad un supermercato ma di una volontà cosciente verificata e provata da tutte le circostanze del caso.
Però, le richieste di porre fine alla propria vita a pagamento stanno aumentando in quegli stati dove è consentito anche in assenza di malattia: in Belgio per esempio è permesso ricorrere all’eutanasia per sofferenze psicologiche, come il caso di una giovanissima ventiquattrenne di cui si sta parlando in questo periodo alla quale, essendo da sempre depressa e perennemente in cura, desidera farla finita dopo alcuni tentativi di suicidio falliti, le viene proposto da una ragazza sofferente dei medesimi disturbi di ricorrere al suicidio assistito; nonostante la donna goda di ottima salute la sua mente pensa di morire già da bambina, e dopo la visita di tre medici il suo caso è stato accettato.
Certo che sembra un sacrilegio se pensiamo a quelle persone che stanno lottando contro un cancro per uno scampolo di vita, che lei che fisicamente sta bene la sua vita la vuole buttare, però rientra nei diritti di un uomo decidere se vivere o no, e mi chiedo come a soli 24 anni si possa scegliere di deporre le armi, di non avere nessun interesse per questo mondo, e la verità è che questa “soluzione” è in aumento nei giovanissimi.

Forse dovremmo imparare di più dai nostri animali domestici e dalla loro serenità e dalla capacità di accontentarsi delle piccole cose, come stare insieme a noi, ricevere del nutrimento e delle carezze.
Quando osservo i miei furetti mentre dormono serenamente, le mie tristezze scompaiono, i nostri amici pelosi ci insegnano a guardare avanti con ottimismo e un amico a 4 zampe oltre a darci amore, ci aiuta a sorridere alla vita.

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