4-4-2016 Cinzia-L’intervista a Marie Bartholdsson è l’articolo dell’anno in materia di allevamento di furetti: Marie è un vero mito per tutti noi, come allevatore e come proprietaria, e la sua storia allevatoriale, insieme alla pazienza e alla convinzione di avere ragione, l’hanno portata alla vittoria, raggiungendo l’obiettivo, quello di creare un furetto longevo ed in relativa buona salute. Leggendo e rileggendo il racconto della Bartholdsson si è imposto un ragionamento che vorrei condividere con voi. Come abbiamo letto l’inizio di questa meravigliosa avventura parte nel 1988, terminando momentaneamente nel 2010. Marie sottolinea l’importanza della dieta come dell’habitat, quindi dello stile di vita. Ciò che mi ha colpito è la dieta molto ricca che i suoi furetti sono abituati a mangiare: non parliamo solo della carne fresca, ma di prede intere, con frattaglie, ossa e altri componenti, integrate a tuorli d’uovo, vitamine, minerali, olii di pesce e raramente qualche pescetto. Bene, questa alimentazione farà sicuramente discutere la maggior parte dei vieterinari più inclini a consigliare un prodotto in estruso, ritenuto più sicuro e completo. Marie parla anche di diverse carni, tra roditori vari, conigli, cavie, criceti, ecc., anche di carne di alce, reperibile peraltro solo dalle sue parti. Considerando il tipo di alimentazione, si deduce che si tratta di un mangiare sostanzioso e piuttosto ricco, che non vedrei del tutto appropriato per dei furetti che vivono in appartamento, la cui attività fisica è ridotta al “minimo sindacale”. Per quanto riguarda l’habitat, pari ad una porzione di bosco incontaminato, dove si trova di tutto, persino fontanelle e laghetti artificiali, i furetti di Marie si divertono un mondo a scalare i tronchi, a trotterellare nei prati a scavare buche nuotare, insomma a fare movimento; in più aggiungiamo la temperatura: gli inverni svedesi sono ben diversi dai nostri e le estati non sono certo come quelle meditarranee, gli animali perciò hanno a che fare con temperature più rigide e fotoperiodi non uguali a quelli italiani. Prima di precipitarsi a cambiare alimentazione ai nostri furetti, dobbiamo quindi valutare l’ambiente dove vivono, le temperature e lo stile di vita. Proporre un’alimentazione molto grassa che viene metabolizzata solo in parte potrebbe non fare bene. Allestire quel tipo di ambiente per la maggior parte di noi è impossibile, in particolare per chi vive in città: possiamo però migliorare le condizioni di vita, cercando di allestire uno spazio esterno protetto per consentire al furetto di stare fuori se lo desidera. Questa soluzione l’ho potuta sperimentare personalmente, e sebbene non fosse proprio conforme allo spazio della Bartholdsson, vi assicuro che funziona: i miei furetti, soprattutto i più anziani, trovano piacevole ritirarsi fuori soprattutto la sera a giocare tra di loro, aprezzando l’aria aperta; spesso durante le ore di luce preferiscono rientrare in casa, mentre le ore preferite per “uscire” sono il crepuscolo o la notte fonda, in tutte le stagioni dell’anno: così vivendo c’è un aumento dell’appetito, e di conseguenza del metabolismo. Ogni furetto lo conferma la Bartholdsson, è un mondo a sè: non tutti per esempio amano stare fuori, e a suo dire alcuni preferiscono vivere all’interno e a relazionarsi con lei, ed è esattamente ciò che ho sempre sostenuto da quando ho furetti, che non sono animali da gabbia ma che anzi per farli stare bene devono essere nel limite del possibile liberi di scegliere. Tuttavia, nonostante le differenze sostanziali tra i furetti nostri e dell’allevatrice svedese, Marie ci sta dando una chiave che potrebbe aprirci una porta. Non sono sicura che arriveremo a farli vivere fino a 14 anni, ma al potenziale dei 10 ci stiamo arrivando. D’altronde tanto è cambiato da 13 anni fa a questa parte, dove i furetti a 2 anni erano malati e in alcuni casi anche già morti, abbiamo capito e cambiato molto, ma d’altronde non poteva essere che così a tenerli in gabbia per troppe ore e nutrirli con prodotti di importazione. E’ probabile che l’alimentazione naturale associata ad uno stile di vita consono sia ciò che progressivamente porterà anche da noi il furetto a vivere di più. Anche la selezione ha una sua parte di responsabilità, e questa deve essere fatta con cognizione, cercando di privilegiare non tanto il colore, ma la struttura e il passato di salute dei progenitori. Bisogna però fare attenzione ad un fatto: non è che allineandosi ai criteri della Bartholdsson di colpo avremo una linea longevissima da subito… occorre perseverare, e collaborare tra noi allevatori e futuri proprietari, che dovrebbero seguire le direttive dell’allevatore, tenendolo informato. Perciò, grazie Marie della bella testimonianza, e teniamo duro, che ci stiamo arrivando!