17-11-14 Cinzia-Cosa è cambiato dopo il mio primo decennio di furetti? Molto, e faccio questa premessa: la mia analisi vorrebbe illustrare il cambiamento dall’ingresso dei miei primi 2 furetti, Dassy e Martine, arrivati cuccioli entrambi, agli attuali. Considerate anche che la mia prima coppia erano un maschio e una femmina rigorosamente sterilizzati in età adulta (ai tempi non mi sognavo di allevare nemmeno per scherzo) e che all’età di 2 anni Martine ci lasciò e l’altro si ammalò gravemente, ma riuscimmo a tenerlo in vita fino a 6 anni.
Perdere un furetto di 2 anni o anche meno, è un trauma molto difficile da superare con conseguente peso del senso di colpa, e le informazioni erano poche e non chiarissime, ma soprattutto si andava per tentativi e supposizioni.
I furetti di nuova generazione sviluppano una massa muscolare più forte e si ammalano, metabolicamente parlando, più tardi rispetto a quelli di anni fa: merito delle strategie di allevamento rigorose come il controllo dei riproduttori, di un’alimentazione maggiormente allineata a criteri naturali, di controlli e diagnosi precoci, della possibilità della sterilizzazione chimica, ma anche di uno stile di vita più appropriato.
I primi tempi i miei vivevano diverse ore in in play-pen o gabbia, perché la paura dell’incidente o di una problematica ambientale era una minaccia che non potevo sopportare; presto presi atto che così non poteva funzionare, non ero convinta che andasse bene, e mi sono adattata con il tempo alle loro esigenze: per consentirgli di vivere una vita il più autonoma e libera ho adattato la casa, allestendo spazi protetti di cui uno all’aperto. Che il furetto non fosse un’animale da gabbia era un dato conosciuto, ma difficilmente si poteva trovare una casa completamente ferret-proof.
Adesso, i miei furetti hanno spazio a sufficienza per scegliere dove dormire e giocare a orari fissi: ho notato che una vita meno costretta li fa stare meglio, e proprio per questo dormono meno.
Ultimamente il gruppo ha cambiato “camera da letto”: i maschi dormono per conto loro in una stanza e le femmine da un’altra parte, come in collegio, salvo ritrovarsi casualmente: d’altronde il furetto è mobile, ha abitudini radicate ma gli piace cambiare. La nostra consuetudine è quella di ritirarci tutti insieme quando andiamo a dormire, io li tengo con me la notte, nel caso si sentano male posso svegliarmi ed intervenire, è l’unica fobia che non mi è passata, per il resto oggi sento di aver fornito ai miei furetti un ambiente adeguato, anche se forse manca ancora uno spazio protetto all’aperto esterno usufruibile tutto il giorno e tutta la notte a seconda dei loro desideri, è una cosa complicata per me che vivo in città e in condominio, ma ci sto lavorando e chissà che non ci riesca; sono ancora lontana da ciò che vorrei, ma in pace con me stessa, tant’è che li vedo bene, contenti, vivaci e coinvolti con la nostra famiglia.
Il mio ultimo furetto, Tibor, è nato in questa casa, ha una vivacità diversa dai miei primi 2 cuccioli, è dinamico, corre, si arrampica, salta… insomma fa il cucciolo, ed è talmente temerario che lo devo controllare in continuazione per evitare che si faccia male, ma è bello vederlo così vitale. Tuttavia siamo ancora lontani dall’aver trovato l’elisir di lunga vita del furetto, ma possiamo ritenerci sulla buona strada, l’importante è non ragionare per “assoluti”: le malattie metaboliche continuano ad insorgere, che il furetto viva sempre all’esterno o dentro casa le differenze non sono eclatanti, ma non abbiamo tenuto in considerazione, lo stress.
Non lo stress causato dagli spostamenti per una manifestazione, una passeggiata al parco o il cambio di territorio momentaneo, mi riferisco a quei cambiamenti che possono influire lo stato di salute come il passaggio ad un nuovo proprietario, un abbandono, una malattia importante o un cambiamento di stile di vita totale.
Siccome abbiamo valutato un po’ tutte le cause, dall’alimentazione all’introduzione di alimenti più proteici senza cereali per chi usa il secco, oltre a ridurre o annullare del tutto ore trascorse in gabbia, lo stress non si è ancora preso in considerazione ed è uno studio da effettuare con non poca difficoltà perché vanno individuate e studiate situazioni stressanti vissute dentro casa, e va considerato il fatto che i piccoli non parlano o non manifestano i loro disagi in modo così evidente.
Le ansie, le paure, l’eccessiva protezione si traducono con frequenti e continue visite dal veterinario, che possono anch’esse in qualche maniera influire sull’animale. Sappiamo che un controllo in più non fa male, ma portarlo di continuo dal veterinario non va bene.
Alcuni operatori olistici, di cui alcuni sono veterinari, sostengono che gli animali domestici assorbano i nostri umori, le paure e le ansie in generale: questo è un punto di vista che fa riflettere e che potrebbe avere fondamento essendo provato negli esseri umani, nei quali sono stati individuati disturbi e malattie di origine psicosomatiche.
Per gli animali che vivono con noi può non essere diverso.